Associazione Alessandro Scarlatti
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Concerto 3 novembre 2022

Giovedì 3 novembre 2022 – Teatro Sannazaro – ore 20.30

ANDREA GRIMINELLI, flauto
ACCADEMIA DI SANTA SOFIA
Venezia e Napoli: due scuole musicali a confronto
Tomaso Albinoni – Sinfonia per archi e basso continuo in sol minore La Serenissima; Saverio Mercadante – Concerto per flauto e archi in mi minore; Francesco Durante – Concerto n. 8 in la maggiore La Pazzia; Antonio Vivaldi – Concerto per flauto, archi e basso continuo in re maggiore op. 10 n. 3 Il Gardellino

Note di sala
di Gianluca D’Agostino*

Venezia
Difficile per noi moderni immaginare il clima profondamente musicale che si respirava tra Sei e Settecento nella città lagunare, città che, malgrado le dimensioni urbane ridotte e le peculiarità geografiche, vantava il maggior numero di teatri d’Italia e forse d’Europa, ed annoverava tra i suoi concittadini un pubblico avido come pochi altri di feste, danze, concerti sacri e profani, divertimenti “onesti” e spettacoli di ogni sorta. Il bisogno di ascoltare musica, e dunque la necessità di comporla e di eseguirla, erano davvero continui. Oltre ai teatri e oltre alla Cappella di San Marco, alle cappelle delle varie chiese e alla musica eseguita nei tanti palazzi privati, nella città della Serenissima erano attive anche quattro Istituzioni assistenziali (gli Ospedali della Pietà, di San Lazzaro dei mendicanti, di San Salvatore degli incurabili, dei derelitti ai Santi Giovanni e Paolo) nelle quali orfani o figlie illegittime e malate, potevano trovare assistenza a titolo gratuito e ricevere istruzione musicale, in modo analogo a quanto avveniva nei Conservatori napoletani. È proprio nell’Ospedale di Santa Maria della Visitazione o della Pietà, che a partire dai primi anni del Settecento ebbe vari incarichi Antonio Vivaldi, il celeberrimo “prete rosso”: la cui precoce fama universale, tuttavia, non deve far trascurare la produzione che fa capo a un’altra serie di musicisti, geniali “dilettanti”, che negli stessi anni si trovarono nella medesima scena, come appunto Albinoni.
Tomaso Albinoni (Venezia 1671-1751) era figlio di famiglia benestante seppur non musicale: il padre Antonio era un mercante di carta e anche il giovane Tomaso fu coinvolto nell’attività di famiglia, così come i fratelli. Egli tuttavia intraprese seri studi di violino e di canto (si presentò lui stesso per molti anni con la qualifica di “musico di violino dilettante veneto”), ma si ignora chi siano stati i suoi maestri. Nel 1694 appariva già la sua prima opera a stampa, le 12 Suonate a tre, op.1, per due violini e violoncello con il basso dell’organo, e in quello stesso anno egli debuttò come compositore teatrale (con la Zenobia, eseguita al Teatro dei Santi Giovanni e Paolo). In effetti nell’ambito operistico Albinoni fu artista assiduamente impegnato, ma dei frutti di questo suo lavoro oggi non è più possibile godere, dato che quasi tutto è andato perduto, ad eccezion fatta per i libretti (ne son rimasti circa 50). L’attenzione di Albinoni fu però rivolta principalmente alle forme strumentali ampiamente diffuse all’epoca, e fra queste ci soffermiamo sui brani orchestrali apparentemente indipendenti, di solito per archi, a quattro parti con basso continuo, chiamati semplicemente “sinfonie”. Nella maggior parte dei casi si tratta di ouvertures teatrali estrapolate dal loro contesto originale e acquistate dai frequentatori d’opera o da semplici collezionisti, frutto di un attivissimo commercio che i copisti di musica intrattenevano con clienti privati, i quali non richiedevano una partitura completa, ma solo estratti: “arie sciolte” e talvolta l’ouverture operistica. Lontane dai teatri tali sinfonie venivano eseguite in privato, spesso come pezzi da concerto indipendenti, e così diventarono così “Sinfonie da camera”. Il catalogo delle opere strumentali di Albinoni compilato da Michael Talbot include undici di tali sinfonie, contrassegnate dalla sigla “Si” seguite da un numero progressivo (1-9). Nella loro forma tipica il primo movimento (Allegro), il più lungo ed elaborato, aveva un carattere drammatico ed energico perché incarnava lo spirito eroico attorno a cui ruotava la storia, alternato ad episodi più tranquilli e lirici che illustravano i momenti più struggenti e teneri della narrazione. Il secondo movimento (Adagio) variava, ma nelle sinfonie più brevi poteva consistere soltanto in una lenta coda costruita alla fine del primo, oppure avere, come in questo caso, carattere danzante e galante, come un breve intermezzo tra i due tempi estremi; mentre per l’ultimo movimento (Allegro), i compositori si servivano di una breve forma bipartita, dallo spirito molto simile al concertato finale o al momento corale che caratterizza il “lieto fine” operistico. In tutte le sinfonie lo svolgimento melodico viene sempre affidato alla conduzione dei violini, con netta prevalenza alla parte di violino primo: talvolta le loro linee strumentali si imitano per brevi sezioni, mentre il violino secondo si limita a sostenere la parte del primo. Viola e basso accompagnano con sostegno armonico e ritmico, spesso omoritmicamente. La Sinfonia Si 7 è l’unica composizione in tonalità minore: Talbot sospetta “che quest’opera vibrante ed appassionata sia stata concepita come sinfonia da camera”. La presenza di parti staccate manoscritte per strumenti a fiato aggiuntivi come flauti, oboi, fagotti, attesta particolari esigenze esecutive legate ad occasioni contingenti: un ampliamento della compagine strumentale, quasi una ri-orchestrazione, è presente in questa Sinfonia, forse una “revisione” operata per far fronte alle necessità dell’organico dell’orchestra di corte di Dresda.
Praticamente coevo di Albinoni, Antonio Vivaldi (Venezia, 1678 -Vienna, 1741) è compositore che non necessita di particolari introduzioni o contestualizzazioni. Nel mare magnum dei suoi concerti strumentali (350, di cui 230 per violino solo), quelli con strumenti a fiato solista sono di meno, ma non rari. L’occasione per la composizione del Concerto per flauto, archi e basso continuo, in re maggiore op. 10 n.3, chiamato “Il Cardellino”, o meglio “Il Gardellino” dallo stesso autore, potrebbe essere stata la visita veneziana del virtuoso flautista prussiano Johann Quantz, nel 1726.
L’opera fa parte, assieme a “La Tempesta, di mare” e “La Notte”, della serie dei Sei concerti per flauto op.10 pubblicata ad Amsterdam nel 1728. S’informa alla consueta ripartizione in tre movimenti (veloce-lento-veloce), e il suo stile si connota di incisivi contrasti di tessitura tra i ritornelli suonati dal ripieno (tutti) e i passaggi solistici eseguiti dai pochi strumenti, di linee melodiche che utilizzano scale, arpeggi e figurazioni di triadi, sequenze melodiche e armoniche ascendenti e discendenti, momenti di colori armonici derivati dalla presenza di vari accordi di settima e di “sesta napoletana”. Nell’Allegro inziale è presente una struttura a ritornello, con la tonalità d’impianto talvolta interrotta da passaggi al Si minore: nel memorabile ingresso del flauto solista, che segue ad una breve introduzione del “tutti”, l’invenzione melodica pare imitare il canto degli uccelli con una formula davvero molto somigliante a quella, celeberrima, del violino all’inizio delle “Quattro stagioni”, tra trilli e note ribattute; comincia subito l’elaborazione concertante in cui si sentono le progressioni armoniche-melodiche tipiche del linguaggio vivaldiano; poi c’è un episodio nuovo del flauto che ha il carattere di una divagazione che però si conclude prestissimo riportando al tema iniziale, con i ruoli invertiti tra solo e tutti. Il successivo
Cantabile ha un tema galante enunciato dal flauto una prima volta e poi ripetuto con fioriture; mentre l’Allegro finale, vibrante e impetuoso, vede il flauto impegnato in virtuosistiche diminuzioni e in una dialettica molto fitta con l’orchestra.

Napoli
Fu il grande storiografo musicale Francesco Florimo a stabilire che tra le sei scuole musicali nazionali (Napoli, Bologna, Venezia, Lombardia, Roma, Firenze) la nostra potesse vantare diverse priorità e prima di tutto quella cronologica. Ma per molti viaggiatori e testimoni settecenteschi Napoli aveva ben più di questo, essendo infatti, semplicemente, la “capitale du monde musicien”. Di conseguenza fu forte il bisogno, sempre da un punto di vista critico e storiografico, di individuare le origini di quest’arte straordinaria ed i grandi capiscuola locali. Fermo restando l’indiscutibile primato di Alessandro Scarlatti, che tuttavia non ebbe mai una vera e propria “scuola”, fu proprio Francesco Durante (Frattamaggiore, 1684 – Napoli, 1756) ad essere riconosciuto come campione della scuola napoletana e “fondateur d’école” ufficiale, essendo stato, in effetti, maestro di una serie interminabile di allievi che annovera anche nomi celebri e celeberrimi come quelli di Jommelli, Cotumacci, Traetta, Piccinni, Sacchini, Anfossi, Guglielmi, Fenaroli e Paisiello, passando anche, almeno in parte, per lo stesso Pergolesi.
Durante fu coevo dei sommi Bach, Haendel e Domenico Scarlatti, e se per questo anche dei predetti Vivaldi e Albinoni; e a Napoli, in particolare, lo fu anche dei maestri Sarri, Porpora, Vinci e Leonardo Leo, il suo supposto “gran rivale”, al tempo in cui davvero la città, con i suoi quattro antichi conservatori e gli altrettanti teatri pubblici (contando anche il San Carlo inaugurato nel 1737), la cappella della Cattedrale e del Tesoro di San Gennaro, quella Reale e le tante chiese e conventi, ivi compresa la Congregazione dei Gerolamini, meritava appieno, così come ancora alla fine del Settecento e fino almeno al primo Rossini, quella etichetta ricordata dianzi.
All’opposto di Albinoni, Durante affidò alla musica il proprio riscatto da una condizione familiare umilissima, e si formò con lo zio Angelo presso il Conservatorio di S. Onofrio a Capuana, quindi studiò a Roma con Giuseppe O. Pitoni, e poi compì una rapida carriera, che da vicemaestro a Sant’Onofrio lo portò ad assumere il principale incarico prima ai Poveri di Gesù Cristo, poi a Santa Maria di Loreto e contemporaneamente ancora a Sant’Onofrio. La solida fama come didatta spiega anche il cospicuo numero di trattati e di metodi scolastici lasciati a suo nome, tra cui il bel manoscritto di “Partimenti numerati e diminuiti e fughe” conservato tra i cimeli rari della Biblioteca del nostro Conservatorio. La mancata vocazione teatrale, che comunque non pare essere stata la causa della clamorosa “bocciatura” al concorso bandito nel 1745 per il nuovo maestro della Cappella reale (posto invece assegnato al Di Majo), lo pone tuttavia in una luce differente rispetto ai tanti compositori drammatici, e assai più in linea, invece, con quelli di musica sacra, sia “osservata” (palestriniana, eseguita a cappella) sia “moderna” (ossia concertata, con alternanza di brani corali e numeri di canto solistico, accompagnamento strumentale): di qui un bel novero di messe per vari organici, mottetti concertati, cantate spirituali, litanie, lamentazioni, lezioni per la settimana santa per voci soliste e continuo. Anche in questo caso, comunque, non bisogna estremizzare, perché se è vero, come ricordava lo stesso Alessandro Scarlatti in un suo promemoria al viceré, che in particolari solennità liturgiche era opportuno suonare “come ab antiquo”, è anche vero che svariati numeri, ad esempio, delle Lamentationes Jeremiae Prophetae del Durante hanno caratteristiche decisamente teatrali.
Più esiguo ma non meno importante fu il suo contributo offerto nella musica strumentale, sia solistica (le Sonate e le Toccate per cembalo) che per ensemble (il Concerto per cembalo e archi, gli Otto concerti per quartetto). In questi ultimi, che non sono datati ma direi databili a non oltre il 1725, si sente molto l’influenza scarlattiana, con una particolare cura per il fraseggio armonicamente condotto e periodicamente cadenzante. Nel Concerto n.8 in la maggiore “La Pazzia”, l’Allegro iniziale è davvero un caleidoscopio di trovate strumentali, saggio squisito e dilettevole (la parola non è a caso, essendo stato il Durante opposto al Leo nella famosa “querelle” che vedeva il primo campione dello stile “piacevole” e il secondo di quello “artificioso), di quell’arte violinistica napoletana che – come studi recenti stanno sempre meglio evidenziando – poco aveva da invidiare alle blasonate scuole settentrionali. Lo si evidenzia dall’incipit così teatrale, col movimento deciso del basso e quei salti capricciosi di ottava discendente dei violini primi, che all’improvviso si interrompono in discese cromatiche per minime; poi c’è l’episodio delle viole molto cantabile e galante che contrappuntano dolcemente tra loro, e poi di nuovo l’improvvisa accensione di scalette prestissime di biscrome che di nuovo si alternano ai bicordi delle viole che propongono una melodia “sospirata” per terzine tipicamente napoletana, su cui poi si innestano velocissime progressioni; in un gioco direi chiaroscurale di accumulo e rilascio della tensione, che vorrebbe probabilmente evocare l’infermità mentale del titolo e che è senza dubbio molto barocco, ma con una particolare connotazione napoletana, date le sue improvvise pause, il suo intenso cromatismo. A questo riguardo individuerei un climax lirico e patetico nella riproposizione della sequenza alla battuta 129.

Dove si noti, almeno, oltre alla bellezza complessiva del movimento melodico, l’eleganza del contrasto tra l’andamento puntato del basso e quello legato dei violini, ma anche la cantabilità “reale” delle due viole (forse viole da gamba?), il cui ruolo non è già più quello di raddoppiare il basso. Il successivo movimento, Affettuoso, ha quasi l’andamento di una barcarola operistica, intensamente patetica con il cromatismo e con quel tipico concatenamento di gruppi di sei minime e di una lunga minima tenuta; mentre l’Allegro ha di nuovo nella gaiezza brillante, ma composta, la sua cifra distintiva, sempre con caratteristiche proprie, quali i salti intervallari un po’ arditi (seste eccedenti, per esempio).
Quarant’anni passano tra la morte di Durante e la nascita di Saverio Mercadante (Altamura, 1795 – Napoli, 1870), il quale si lega ad entrambi i rami della gloriosa scuola locale (Durante e Leo), in quanto allievo, da un lato, del Tritto, che a sua volta derivava dal Leo e dal Fago, e che era stato tra quelli che nel 1806 furono preposti alla direzione del neo costituito “Real Collegio di Musica” nel quale si unificavano gli ultimi antichi Conservatori, e di Furno e Zingarelli dall’altro, che erano stati gli ultimi discepoli “durantisti”.
Compagno di studi nientemeno che di Bellini, sotto la guida di Zingarelli, Mercadante si affermò anche lui (ma ovviamente meno del primo) come operista sin dai primi anni Venti, e le sue opere furono rappresentate nei maggiori centri italiani ed europei, in particolare a Vienna. Fu dal 1833 e per sei anni maestro di cappella presso la cattedrale di Novara, e poi fu a Parigi dove, presso il Théâtre Italien, fece rappresentare altre opere. Infine, per ben trent’anni, dal 1840 fino alla morte avvenuta nel 1870, diresse il Conservatorio di Napoli, la cui fama come istituto però ormai calava. Alcune sue opere strumentali godono, tuttavia, di singolare fortuna esecutiva, e tra queste c’è il Concerto per flauto e archi in mi minore op. 57, in tre movimenti (Allegro maestoso – Largo – Rondò russo): un’opera ancora giovanile che deve molto al fatto che l’autore stesso era un bravo esecutore allo strumento solista. In generale qui la scrittura sembra evocare le atmosfere di Mozart e Hummell tipiche del primo ‘800, ma mescolate in maniera affascinante a una cantabilità tutta italiana e mediterranea rispecchiata dalla scuola napoletana.
Il Concerto prevede un Allegro introduttivo in forma sonata, seguito da un movimento centrale in Largo o Andante denso di lirismo e si chiude con un Rondò. Mercadante scrisse ben quattro versioni differenti di questo concerto, due orchestrali e due quartettistiche: la prima, è il Quartetto op. 53, composto nel 1813; la seconda, scritta nel 1814, è per flauto e grande orchestra; seguì una terza edizione per quartetto e l’edizione definitiva, quella eseguita ad oggi, per flauto e piccola orchestra d’archi del 1819. L’autore opera una sorta di “ripulitura” generale nei passaggi di agilità, elimina le ridondanze, le ripetizioni, punta agli elementi essenziali. Il primo movimento, un Allegro Maestoso in 4/4, inizia con una lunga introduzione orchestrale in Mi minore, che dopo una settantina di battute, prelude all’incipit del flauto che verrà ripetuto per ben tre volte. Il secondo movimento, che è un Largo in 2/4 in Sol maggiore, è pervaso da un intenso lirismo, e il solista vi canta una dolce canzone. Il terzo movimento è il Rondò (russo), un Allegro giusto, marziale, in cui il solista dispiega la sua abilità virtuosistica.

*Questo testo non può essere riprodotto, con qualsiasi mezzo analogico o digitale, in modo diretto o indiretto, temporaneamente o permanentemente, in tutto o in parte, senza l’autorizzazione scritta da parte dell’autore o della Associazione Alessandro Scarlatti

 

Concerto 27 ottobre 2022

Giovedì 27 ottobre 2022 – Teatro Sannazaro – ore 20.30
GIUSEPPE GIBBONI, violino
NUOVA ORCHESTRA DA CAMERA FERRUCCIO BUSONI
MASSIMO BELLI, direttore
Vasilij Kalinnikov – Serenade per archi; Henryk Wieniawski – Variazioni su un Tema originale per violino e archi; Niccolò Paganini – La Campanella per violino e orchestra; Edvard Grieg – Due Melodie Elegiache per archi, Dai tempi di Holberg, suite in stile antico

Note di sala
di Simone Ciolfi*
L’intensità delle composizioni di Vasilij Kalinnikov si può forse misurare sulla coscienza che egli ebbe della propria finitudine: seppe presto, infatti, di essere condannato a morire giovane a causa della tubercolosi. Un destino che era toccato a Chopin, a lui e a tanti altri. Morì appena trentacinquenne, a Jalta, nel 1901: dieci anni prima, nel 1891, aveva composto la “Serenata per archi” in sol minore. Creazione in un unico movimento, la “Serenata” interpreta quel clima profondamente espressivo tipico del gusto di fine Ottocento, con momenti che sembrano dolci barlumi di speranza. Talvolta, infatti, la musica della Serenata sembra aspirare a qualcosa di superiore, quasi fosse una fiduciosa preghiera, ma alla fine ricade su sé stessa, delusa, priva di energie. In questo illudersi seguito da una malinconica delusione, c’è la tragica coscienza della rinuncia e della vanità del tutto, acuita da una musica stratificata ma priva di una complessità che potrebbe ricordare una qualche fiducia nell’umana ragione. Nonostante l’aiuto di Čajkovskjj e di Rachmaninov, Kalinnikov, non abbiente di nascita, non poté fare più di tanto per sé e per la sua musica. Sta a noi, oggi, conservarne la memoria.
Figlio di un barbiere e medico ebreo di Lublino, Henryk Wieniawski fu accettato a otto anni, nel 1843, al Conservatorio di Parigi, e da quel momento il violino e la composizione furono la sua vita. Artista di successo, viaggiò per l’Europa e per gli Stati Uniti, insegnò a San Pietroburgo e a Bruxelles. Verso la fine degli anni Settanta dell’Ottocento la sua salute purtroppo declinò e nel 1880 durante un tour in Russia che non poté terminare, fu colto da infarto e morì.
Le sue doti di brillante violinista si esprimono, così come era stato per tanti virtuosi prima di lui, nell’arte della variazione, ovvero nell’arte di trasformare un tema rendendolo sempre più screziato e affascinante. L’aggiunta di passaggi tecnici, di note ornamentali, i cambi di tonalità e le volatine, sono elementi tipici delle “Variazioni su un tema originale” op. 15, il cui inizio sembra citare la celebre Ciaccona di Johann Sebastian Bach, nume tutelare dei romantici. Il Maestoso iniziale lascia il passo a un tema lento, ma tagliente e appassionato, a sua volta seguito da un flusso brillantissimo (Andante ma non troppo) di scale e arpeggi, che preparano l’entrata del tema vero, che verrà sottoposto al processo di variazione. La maestria esecutiva e fantastica di Wieniawski è evidente in ogni variazione, ma il superamento delle difficoltà non è l’unica mira del virtuoso ottocentesco. Egli non mira a strabiliare, ma a mostrare le qualità del suo spirito e del suo pensiero musicale, solo secondariamente incarnate in quel superamento.
Tale fattore era sempre implicito nei grandi esecutori dei secoli passati, tanto che i virtuosi di uno strumento sono stati identificati con creature non umane, tale era l’intensità del loro sentire che si esprimeva nella musica. La figura emaciata e pallida di Niccolò Paganini ha fatto pensare che egli potesse essere stato ispirato dal diavolo. Talmente strabilianti erano le sue capacità al violino, che il sottile erotismo funebre della sua figura acquisì qualcosa di demoniaco. Il terzo movimento del Concerto per violino e orchestra n. 2 di Paganini, scritto nel 1826, è detto “la campanella” perché nella compagine orchestrale è inserita proprio una campanella, imitata con bravura virtuosistica dal violino tramite i suoni armonici. Il tema ammiccante ha avuto un enorme successo nell’immaginario collettivo tramite le tante trascrizioni che ne sono state tratte (la più famosa è di sicuro quella per pianoforte di Franz Liszt). Il suo andamento saltellante nulla ha di romantico, anzi affonda le radici nell’arte violinistica del Settecento italiano, ma possiede un piglio fantastico la cui giocosità ha qualcosa di stregato. Si potrebbe dire che il tema della Campanella è sarcastico e ipnotico, buono per foraggiare l’aura “demoniaca” del violinista. Isolato e utilizzato per le varie trascrizioni che ne sono state fatte, tale tema potenzia questa sua caratteristica: ascoltato, invece, nel suo contesto, quello del finale di un Concerto, rivela le sue qualità giocose appartenenti alla tradizione concertistica italiana.
Melodista e armonista di altissimo rango, Edvard Grieg è ricordato per le delicate sfumature delle sue creazioni. Cantore dell’universo nordico, Grieg fu interprete di un intimismo nel quale l’idea di elegiaco, carica di suggestione nostalgica, è spesso presente. Le “Due melodie elegiache” op. 34 (del 1880) “Cuore infranto” e “L’ultima primavera”, sono emblematiche del suo genio melodico convincente e carico di tenerezza.
Nei primi decenni del Novecento, la conservazione del patrimonio musicale antico e la necessità del nuovo portarono alla nascita del “neoclassicismo”, che combinava stile antico e innovazione. Tale corrente era stata preceduta da fenomeni simili nella produzione dei compositori del secondo Ottocento. La scrittura di “suite” nello stile antico, il recupero di ritmi di danza barocchi inseriti nel contesto armonico del tardo Romanticismo, era presente in molte partiture degli autori che operarono negli ultimi anni dell’Ottocento.
Grieg scrisse la “Suite per archi” op. 40 nel 1884. La raccolta voleva essere un omaggio al commediografo Ludwig Holberg, vissuto tra il 1684 e il 1754, personaggio centrale della letteratura danese barocca e definito il “Molière del Nord”. La sua rilevante produzione per il teatro non ebbe molta diffusione in Francia e in Italia, mentre raccolse successi in Germania, in Olanda e, ovviamente, nei paesi scandinavi. Il Romanticismo fu sempre interessato a riscoprire lo spirito culturale di uno specifico popolo: Grieg, da artista intimo e intenso quale fu, seppe interpretare, alla luce di un autentico amore per la sua terra, le tendenze dell’epoca, come quelle alla riscoperta della letteratura del passato e dello stile musicale antico. Tre sono le danze antiche che animano la Suite, precedute da un Preludio e nobilitate da una Air (Aria) in quarta posizione: la Sarabanda, solenne danza di origine spagnola, la Gavotta, elegante danza francese dal ritmo moderato, e il Rigaudon, anch’essa d’origine francese ma dal ritmo assai vivo. Il Preludio e l’Air, il primo dal ritmo marciante attraversato da squilli di fanfara, la seconda dal tono dolce e meditativo, rispettivamente danno un tocco celebrativo e orante alla Suite.

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Concerto inaugurale 20 ottobre 2022 – Mariangela Vacatello

Giovedì 20 ottobre 2022 – Teatro Sannazaro – ore 20.30

Concerto inaugurale

MARIANGELA VACATELLO, pianoforte

Ludwig van Beethoven – Sonata in fa minore op. 57 AppassionataFranz LisztAu bord d’une source, Studio trascendentale in fa minore n. 10; Aleksandr Skrjabin – Sonata n. 9 op. 68 La Messa nera, Studio op. 42 n. 5, Sonata n. 10 op. 70 degl’insetti, Vers la flamme poema op. 72

Note di sala
di Pierpaolo De Martino*

Da Beethoven a Skrjabin passando per Liszt, il recital di Mariangela Vacatello percorre in senso cronologico un secolo di musica per pianoforte, scegliendo un itinerario che potrebbe essere sintetizzato parafrasando un motto di Ferruccio Busoni riferito a Liszt: «la tecnica al servizio delle idee». Una chiave di lettura unificante (ma non esaustiva) può infatti vedere questo concerto come un’esplorazione dei diversi modi in cui i tre compositori, accomunati dalla convinzione che la musica avesse innanzitutto una funzione culturale e sociale, piegarono la sperimentazione pianistica a precise scelte di poetica.
Il distacco del virtuosismo pianistico dalla dimensione puramente esibizionistica si compie proprio con Beethoven, trovando, dopo alcune sonate giovanili (segnatamente l’op.13 Patetica e l’op.27 n.2), la propria pietra angolare nella Sonata in fa minore op.57 che tutti conoscono con il titolo di Appassionata (titolo inventato dall’editore Cranz nel 1838). Pubblicata nel 1807, ma concepita nei tre anni precedenti, quella che Beethoven considerò a lungo la sua «Sonata più grande», condivide molti dei propri tratti con le altre maggiori composizioni date alla luce dal compositore nello stesso periodo. Non è certo difficile rinvenire nel respiro sinfonico, nei toni assertivi, nell’esasperazione dei contrasti, la consanguineità con la contigua sinfonia Eroica. Né può sfuggire la parentela con i Concerti della stessa epoca (dal Triplo al più tardo Imperatore) nell’architettura in due grandi parti, separate da un movimento lento di ridotte proporzioni. Ma è pure nella concezione unitaria, nella monumentale semplicità e nell’equilibrio delle strutture portanti che l’Appassionata rivela l’appartenenza al tempo in cui nacque. Il primo movimento si divide in quattro sezioni – esposizione, sviluppo, ripresa e coda – perfettamente equivalenti per lunghezza e tutte inizianti col tema principale; non meno nitido è il centrale Andante con moto il cui tema, un disegno ritmico-armonico di meravigliosa chiarezza, si evolve attraverso tre limpidissime variazioni dalle quali prende le mosse il Finale, un incalzante moto perpetuo nato dalla stessa radice motivica del primo movimento e come quello indirizzato verso una frenetica stretta conclusiva. L’elementarità delle cellule generatrici e la semplicità strutturale indirizzano l’attenzione dell’ascoltatore verso le sonorità inaudite richieste all’esecutore: i contrasti estremizzati (si pensi all’attacco in pianissimo con le mani distanziate di due ottave e alla violenza dei successivi, massicci accordi in fortissimo), la concitazione ritmica e la turbolenza parossistica che agitano i due movimenti veloci, portano la scrittura pianistica a toccare nuovi vertici virtuosistici, soprattutto là dove il movimento vorticoso delle dita è chiamato rendere un clima espressivo incandescente, cupamente passionale.

Più di ogni altro esponente della generazione romantica, Liszt sembrò raccogliere il testimone dalle avveniristiche esplorazioni pianistiche beethoveniane, comprendendo molto presto (complice anche Paganini) che la ricerca sul virtuosismo poteva diventare la via maestra per la scoperta di nuovi mondi sonori. La rivoluzione che ne seguì – forse la più importante nella storia del pianoforte – prese forma nei due grandi cicli su cui Liszt lavorò per anni: le Années de pèlerinage (1855-1861), rielaborazione del precedente Album d’un voyageur (1842), e le Etudes d’exécution transcendante (1851, con due precedenti versioni risalenti al 1826 e 1837). Il primo volume delle Années, dedicato alla Svizzera, è qui rappresentato da Au bord d’une source, dove l’evocazione naturalistica si traduce in un eufonico tessuto liquido di semicrome, con intricati incroci di mani e salti prevalentemente nella parte acuta della tastiera. Lo Studio trascendentale n.10 è invece legato per tonalità e atmosfera all’Appassionata (non a caso Busoni suggerì per esso lo stesso titolo della sonata beethoveniana): il suo tema principale, desunto dallo Studio in fa minore op.10 n.9 di Chopin, viene calato in una dimensione drammatica e sottoposto a un gioco continuamente cangiante di ardite combinazioni ritmiche e tecniche. In entrambi i pezzi cogliamo l’aspetto più profondo del virtuosismo “trascendentale” lisztiano, teso al superamento di ogni limite conosciuto, per aprire al pianoforte orizzonti espressivi inimmaginabili in precedenza.
In una direzione analoga ma all’interno di tutt’altra temperie culturale, si mosse Alexandr Skrjabin, il cui sperimentalismo pianistico prese avvio da Chopin prima ancora che da Liszt, facendosi terreno di azione privilegiato di una ricerca musicale fortemente individualizzata. Vladimir Horowitz, che suonò davanti a lui nel 1914, rimase colpito dal consiglio che si sentì rivolgere: «Del mio modo di suonare non volle dir nulla, forse per gentilezza. Disse invece che dovevo diventare una persona colta. C’erano, disse, molti pianisti, ma pochi di loro erano persone colte». E in effetti gli stimoli culturali – letterari (Merezkovskij, Maeterlinck e i simbolisti francesi), filosofici (Fichte, Schopenhauer, Nietzsche, le dottrine teosofiche), estetici (la wagneriana Gesamkunstwerk) – ebbero un peso decisivo nella definizione della poetica irrazionalistica di Skrjabin, protesa verso un nuovo ordine spirituale, impregnato di misticismo e giunta a piena maturazione agli inizi Novecento. Al 1903 appartiene lo Studio op. 42 n.5, dalla scrittura pianistica densa e irta di difficoltà, che sviluppa il virtuosismo lisztiano in una trama sonora tendente all’indefinito e all’ossessivo. Siamo a un passo dalla svolta avvenuta qualche anno più tardi, con una texture fatta non più di compiuti disegni melodici ma di aloni armonici, figurazioni aforistiche, grumi e macchie accordali: : quella che ritroviamo appunto nelle Sonate n.9 op.68 e n.10 op.70 del 1913, le ultime scritte da Skrjabin, entrambe note con titoli non scelti dal compositore, ma apposti successivamente sulla base delle sue indicazioni. Secondo quanto ricordava Leonid Sabaneiev, la Nona Sonata venne descritta da Skrjabin come un incubo popolato da apparizioni demoniache: di qui il titolo Messa nera con cui essa divenne poi nota; carattere del tutto diverso quello della Decima sonata, che Skrjabin stesso descrisse come «gioiosa, luminosa, silvestre», una «sonata di insetti» (perché «gli insetti sono nati dal sole che li nutre, gli insetti sono i baci del sole»). Diversissime nelle atmosfere evocate, entrambe le sonate vedono l’impianto classico condensato e polverizzato (ma non dissolto) in un unico movimento, mentre l’ordine dialettico tonale è superato in nome della tecnica del “centro sonoro”, un accordo per quarte che funge da principio generatore. Una concezione che sostanzia anche i tratti visionari e palingenetici di Vers la flamme, del 1914, ultima pagina pianistica di dimensioni rilevanti compiuta da Skrjabin, un lungo crescendo che evoca profeticamente la fine della terra in una spaventosa fiamma distruttiva.

*Questo testo non può essere riprodotto, con qualsiasi mezzo analogico o digitale, in modo diretto o indiretto, temporaneamente o permanentemente, in tutto o in parte, senza l’autorizzazione scritta da parte dell’autore o della Associazione Alessandro Scarlatti

Giovedì 10 dicembre 2022 Teatro Sannazaro ore 20.30

Giovedì 10 novembre 2022 – Teatro Sannazaro – ore 20.30

FRANCESCA DEGO, violino
MARTIN OWEN, corno
ALESSANDRO TAVERNA, pianoforte
Wolfgang Amadeus Mozart – Sonata per violino e pianoforte in mi minore K. 304; György Ligeti – Trio per violino, corno e pianoforte; Olivier Messiaen – Appel interstellaire per corno solo; Johannes Brahms -Trio per violino, corno e pianoforte in mi bemolle maggiore op. 40
Tris d’assi per questo particolarissimo concerto di musica da camera. Tra le violiniste più acclamate in Italia e all’estero, nata a Lecco da genitori italo-americani 33 anni fa, Francesca Dego è vincitrice di numerosi concorsi nazionali ed internazionali. Considerato uno dei principali suonatori di corno in Europa, Martin Owen ha suonato come solista e musicista da camera in tutto il mondo. Attualmente ricopre la posizione di Primo Corno presso la BBC Symphony Orchestra. Alessandro Taverna si è affermato a livello internazionale al Concorso Pianistico di Leeds nel 2009. Da allora la sua carriera lo ha portato ad esibirsi nelle più importanti sale e stagioni musicali.

Biglietti

LA STAGIONE CONCERTISTICA 2022/2023

L’Associazione Alessandro Scarlatti presenta per la Stagione Concertistica 2022/23 una programmazione di livello internazionale, in linea con le sue grandi tradizioni.
La stagione sarà inaugurata il 20 ottobre 2022 e si concluderà il 18 maggio 2023 per un totale di 19 concerti.

Una agguerrita squadra di eccellenti pianisti innerva una stagione ricca di sorprese, con proposte musicali che ruotano attorno al grande repertorio classico, con alcune significative incursioni nel jazz di qualità.
L’inaugurazione, il 20 ottobre 2022 alle ore 20.30 al teatro Sannazaro, è affidata a Mariangela Vacatello, ospite recente della stagione del Teatro alla Scala e di grandi istituzioni come l’Orchestra Nazionale della RAI; Giuseppe Albanese, artista Deutsche Gramophone, si esibirà con l’Orchestra del Festival Internazionale di Brescia e Bergamo diretta da Pier Carlo Orizio eseguendo due splendidi concerti di Mozart il 17 novembre 2022 al Teatro Acacia; uno spazio importante viene dedicato a due recenti vincitori di importanti concorsi internazionali come Emanuil Ivanov (Primo Premio Busoni 2019, il 7 dicembre 2022 al Teatro Acacia ) e Alexander Gadjiev (secondo premio e premio Krystian Zimerman al XVIII concorso Chopin di Varsavia e BBC New Generation Artist 2019-2022 il 19 gennaio 2023 al Teatro Sannazaro); un recital interamente dedicato a Chopin vedrà impegnato il 16 marzo 2022 alle ore 20.30 al teatro Sannazaro il pianista canadese Jan Lisiecki, che si è esibito sotto la guida di grandi direttori come Claudio Abbado, Valeri Gerghiev, Antonio Pappano
Tra i violinisti spicca la presenza di ben due premi Paganini, seppur separati da una generazione: Giuseppe Gibboni, impegnato con la Nuova Orchestra Ferruccio Busoni, diretta da Massimo Belli il 27 ottobre 2022 e Massimo Quarta, che, con il pianista Pietro De Maria realizzerà l’integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Johannes Brahms il 24 novembre 2022. Di assoluto interesse anche l’integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Robert Schumann che Gabriele Pieranunzi e Giorgia Tomassi porteranno all’attenzione del pubblico napoletano il 10 maggio 2023, mentre altra presenza violinistica di assoluto valore è rappresentata da Francesca Dego che con Alessandro Taverna (pianoforte) e Martin Owen (corno) darà vita a un programma cameristico che spazierà da Mozart a Messiaen, da Brahms a Ligeti, il 10 novembre 2022 sempre al Teatro Sannazaro.
La stagione ospiterà anche alcuni ensemble cameristici di livello internazionale come il Trio Jean Paul il 16 febbraio 2023, il Quintetto Bartholdy il 23 febbraio 2023, il Trio Amatis il 6 aprile 2023 , il Quartetto Kuss a concludere degnamente la Stagione il 18 maggio 2023, mentre uno spazio importante viene dato a due eccellenti quartetti italiani: e il Quartetto Eos, che, con il pianista Enrico Pace e il violinista Davide Alogna eseguirà il bellissimo concerto di Chausson per violino, pianoforte e quartetto d’archi il 26 gennaio 2023, e il Quartetto Adorno, impegnato con il pianista Sandro De Palma in due capolavori assoluti come il Quintetto di Saint-Saëns e il Quintetto di Franck il 23 marzo 2023, il tutto al Teatro Sannazaro alle ore 20.30 .
Giovedì 9 febbraio 2023 di grande interesse il programma presentato dalla violinista Grazia Raimondi insieme con il violoncellista Luigi Piovano (primo violoncello dell’Orchestra dell’Accademia Santa Cecilia) mentre il virtuosismo del flautista Andrea Griminelli sarà supportato dalla bella sonorità degli archi della Accademia di Santa Sofia, emergente orchestra da camera campana, il 3 novembre 2022.
Due interessantissimi progetti vedono poi impegnati due jazzisti italiani di riferimento come il pianista Danilo Rea, che propone il 15 dicembre 2022 al Teatro Acacia un originalissimo viaggio nella canzone italiana degli ultimi trent’anni, e Stefano Di Battista, con un omaggio alla musica di Ennio Morricone il 13 aprile 2023 al Teatro Sannazaro.

PROGETTO MOZART, SALERNO – ALESSANDRO VOLPE, MICHELE PINTO, LORENZO GINETTI, LEONARDO DI LUCCIA

Esecuzione integrale delle Sonate e Fantasie per pianoforte e pianoforte a quattro mani di Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791).

Venerdì 7 ottobre 2022- Chiesa di San Giorgio – ore 19.30

ALESSANDRO VOLPE, pianoforte
MICHELE PINTO, pianoforte
LORENZO GINETTI, pianoforte
ALESSANDRO VOLPE E LEONARDO DI LUCCIA, pianoforte a 4 mani

Wolfgang Amadeus Mozart – Sonata n. 12 in fa maggiore, K332; Sonata n. 17 in si bemolle maggiore, K570; Sonata n. 18 in re maggiore, K576; Sonata in sol maggiore per pianoforte a 4 mani, K357; Sonata in si bemolle maggiore per pianoforte a 4 mani, K358


Alessandro Volpe, ventenne, frequenta il biennio in pianoforte ad indirizzo solistico presso il Conservatorio di musica “Giuseppe Martucci” di Salerno dove ha conseguito la laurea triennale con 110, lode e menzione d’onore sotto la guida di Tiziana Silvestri. Ha partecipato a master class con docenti di chiara fama tra cui Irene Veneziano, Andrea Lucchesini, Mats Widlund, Pasquale Iannone, Anna Kravtchenko ed è risultato vincitore di primi premi e primi premi assoluti in concorsi nazionali e internazionali quali i Concorsi Città di Airola, Città di Vallo della Lucania, Città di Baronissi, Città Mercato San Severino, Lams Matera, L. Mugnone – Città di Caserta e il concorso Europeo “Don Enrico Smaldone” nel quale ha ricevuto anche la menzione speciale della giuria critica. Alessandro Volpe recentemente ha eseguito da solista la Rapsodia in blu di G. Gershwin con l’orchestra “G. Martucci” al festival di Ravello.


Lorenzo Ginetti, inizia lo studio del pianoforte con il Maestro Francesco Micieli. Successivamente prosegue gli studi sotto la guida del Maestro Demetrio Massimo Trotta conseguendo il Diploma Accademico di I livello presso il Conservatorio Martucci di Salerno. Si esibisce in diverse rassegne concertistiche italiane riscontrando ovunque apprezzamenti da parte del pubblico soprattutto per le raffinate ricerche del suono.
Partecipa costantemente a concorsi musicali sia da solista che in formazioni cameristiche ottenendo ovunque primi premi.
Attualmente studia per il conseguimento del Diploma Accademico di II livello.



Leonardo Di Luccia è un pianista nato ad Agropoli (Salerno) nel 2002. Intraprende lo studio dello strumento frequentando le scuole medie ed il Liceo ad indirizzo Musicale “Alfonso Gatto” ad Agropoli con la Prof. Cristina De Marco. Attualmente studia al Conservatorio “Giuseppe Martucci” di Salerno sotto la guida del M° Costantino Catena. Vincitore di diversi concorsi nazionali ed internazionale tra cui il IV° Concorso di esecuzione musicale “Città di Airola” (BN) e il XVII° Concorso Internazionale di musica “Città di Caserta” nel 2019. Vince inoltre nello stesso anno il premio come miglior solista nel XIX° Concorso Internazionale per giovani musicisti “Lams Matera 2019”. Ha partecipato inoltre all’ensemble di pianoforte dei Licei Musicali in Campania tenendo concerti a Piazza Plebiscito a Napoli e nel Duomo di Salerno nella primavera 2019.


Michele Angelo Pinto (2002) ha iniziato lo studio del piano all’eta’ di 6 anni. Dopo la licenza liceale (2020) e’ stato ammesso al Corso triennale di pianoforte del Conservatorio di Salerno (classe del Mo Salvatore Giannella), e alla Facolta’ di Fisica dell’Universta’ di Salerno. Ha anche frequentato Master Classes tenute dai Mi Bruno Canino, Costantino Catena, Valentina Igoshina, Vincenzo Maltempo, Leonid Margarius e Daniel Rivera. E’ stato premiato al Concorso Pianistico Europeo Don Enrico Smaldone (2016, 2019), al Concorso Europeo di Esecuzione Musicale Jacopo Napoli (2016, 2017,2018) e alla Young Livorno Piano Competition (2019) e ha meritato la menzione d’onore alla International Vietri Piano Competition (2017) e alla International Napolinova Piano Competition (2021)

 

 

PROGETTO MOZART, SALERNO – GIOVANNA BASILE, LUISA DONISI E YLENIA TAURISANO

Esecuzione integrale delle Sonate e Fantasie per pianoforte e pianoforte a quattro mani di Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791).

 Giovedì 6 ottobre 2022 – Chiesa di San Giorgio – ore 19.30

GIOVANNA BASILE, pianoforte
LUISA DONISI E YLENIA TAURISANO, pianoforte a 4 mani
Wolfgang Amadeus Mozart – Sonata n. 8 in la minore, K310: Sonata n. 9 in re maggiore, K311; Sonata in do maggiore per pianoforte a 4 mani, K19d; Sonata in do maggiore per pianoforte a 4 mani, K521


Giovanna Basile è nata nel 1998 a Bracigliano, in provincia di Salerno, da una famiglia di musicisti. Ha iniziato lo studio del pianoforte all’età di 12 anni evidenziando precoci qualità musicali che le hanno permesso di conseguire, dal 2012 al 2017, venti primi premi in concorsi nazionali e internazionali. Dal 2018 è risultata vincitrice del primo premio ai concorsi “Città di Airola”, “Città di Baronissi”, “Città di Mercato San Severino” ed ai concorsi internazionali di esecuzione pianistica “LAMS” di Matera e “Leopoldo Mugnone Città di Caserta” ottenendo sempre l’assegnazione di Premi speciali. Giovanna Basile si è distinta in varie manifestazioni di rilievo regionale tra le quali “Piano City” Napoli, “Pianostop” Salerno e Cava de’ Tirreni, “Aperto a tutti quanti” Palazzo Zevallos Napoli, “Festival di Musica da Camera di Sant’Apollonia” riscuotendo particolare successo con l’orchestra del Conservatorio “G. Martucci” di Salerno nell’esibizione del Carnevale degli animali di C. Saint-Saëns diretta da Massimiliano Carlini. Nel mese di aprile 2019 ha preso parte all’esecuzione integrale delle Sonate di Scarlatti al Conservatorio di musica S. Pietro a Majella di Napoli e la sua esecuzione è stata segnalata tra le migliori per chiarezza esecutiva. Ultimamente ha tenuto un recital pianistico per il “Trapani Piano Festival” e si è esibita al “Festival di musica da camera di Sant’Apollonia “ nell’esecuzione dei Trii di J. Brahms. Nell’ambito della sezione “La meglio gioventù” del Ravello Festival 2019 si è esibita in un concerto dedicato a Bach e Scarlatti. Successivamente ha eseguito il Concerto n° 1 di Rachmaninoff presso l’Auditorium Niemeyer di Ravello accompagnata dall’orchestra del Conservatorio “G. Martucci” diretta dal M° Nicola Samale, ricevendo il premio “Giovane Talento” assegnato da UBI Banca. Nel Settembre 2019, dopo aver superato la selezione fra i conservatori della Campania, è risultata finalista al Concorso “Giovani talenti femminili” indetto da Soroptimist International. Attualmente frequenta il biennio di Pianoforte presso il Conservatorio “G. Martucci “ di Salerno seguita dal M° Tiziana Silvestri.

 

Ylenia Taurisano, di anni 23, ha conseguito la maturità presso il liceo musicale Alfano I di Salerno con il M° Amedeo Scandone Si è esibita come solista con entrambi gli strumenti, partecipando anche alla realizzazione delle musiche per il film “Doppio binario”. Successivamente approfondisce i suoi studi di pianoforte presso il Conservatorio di musica “G. Martucci” con il Maestro Tiziana Silvestri, conseguendo la laurea triennale con valutazione 110 e lode. Attualmente sta per concludere il suo percorso magistrale in “Pianoforte indirizzo cameristico” seguita dai Maestri Tiziana Silvestri e Michela Trovajoli. Ha seguito masterclass con importanti docenti tra cui Bruno Canino, Michele Campanella, Alessandra Brustia, Orazio Maione. Si è esibita in diverse città ed in occasione di vari eventi come il Ravello festival, sia in qualità di pianista che clavicembalista. Ha partecipato a diversi concorsi nazionali ed internazionali, come il “Concorso internazionale per giovani musicisti Lams Matera 2019” classificandosi al secondo posto, “Concorso Europeo di esecuzione musicale Jacopo Napoli” classificandosi al primo posto, “Premio culturale Nazionale i talenti di Alphanus” presentando una sua composizione inedita e classificandosi al secondo posto.

Luisa Donisi ha conseguito il diploma in pianoforte con il massimo dei voti presso il Conservatorio Martucci di Salerno, nella classe della Prof.ssa Tiziana Silvestri. Contemporaneamente, ha conseguito con lode la laurea Magistrale in Filosofia presso l’università degli Studi di Salerno. Si è esibita come solista e in varie formazioni cameristiche con particolare attenzion al duo pianistico. Attualmente frequenta il biennio specialistico di Musica D’Insieme nella Classe della Prof.ssa Michela Trovajoli. È docente di pianoforte presso il Liceo musicale Perito Levi di Eboli.

 

 

PROGETTO MOZART,SALERNO – GIANLUCA BUONOCORE, MARIA GRAZIA CACCIOTTOLO

Esecuzione integrale delle Sonate e Fantasie per pianoforte e pianoforte a quattro mani di Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791).

Giovedì 6 ottobre 2022 – Chiesa di San Giorgio – ore 18.00

GIANLUCA BUONOCORE, pianoforte
MARIA GRAZIA CACCIOTTOLO, pianoforte
Wolfgang Amadeus Mozart – Sonata n. 10 in do maggiore, K330; Sonata n. 13 in si bemolle maggiore, K333; Sonata n. 15 in fa maggiore, K533


Gianluca Buonocore frequenta il biennio di pianoforte presso il Conservatorio “G. Martucci” di Salerno sotto la guida di Tiziana Silvestri. Vincitore di primi premi in concorsi europei ed internazionali quali Città di Mercato San Severino, Jacopo Napoli di Cava de’ Tirreni, L. Mugnone Città di Caserta, Città di Eboli, Città di Baronissi, Città di Sapri, ha conseguito il 2° premio al Concorso pianistico internazionale di Vietri sul Mare.Gianluca Buonocore si è distinto come solista in varie occasioni di rilievo tra le quali Piano city, palazzo Zavallos di Napoli, Pianostop di Salerno, Aperto a tutti quanti di Napoli, Festival di Musica da camera di Sant’Apollonia e con l’orchestra del conservatorio Martucci nell’esibizione del Carnevale degli animali di C. Saint- Saëns sotto la guida di Massimiliano Carlini.Ha partecipato a masterclass estive con docenti di fama quali Pasquale Iannone, Andrea Lucchesini, Mats Widlund, Sergio de Simone


Mariagrazia Cacciottolo nata a Battipaglia nel 1998, ha iniziato gli studi musicali giovanissima. A 9 anni è stata ammessa al corso di pianoforte presso il Conservatorio G. Martucci di Salerno, nella classe del mº Giuseppe Squitieri, sotto la cui guida si è diplomata con il massimo dei voti nel 2019. Si è anche recentemente laureata all’Università di Napoli in Tecniche della Prevenzione ed è attualmente iscritta al corso di pianoforte, indirizzo solistico, del biennio specialistico. Ha partecipato a varie masterclass, tra cui quella tenuta da Andrea Lucchesini presso il Conservatorio di Salerno e collabora con vari strumentisti svolgendo attività sia come solista che in formazioni da camera.

PROGETTO MOZART, SALERNO – ALESSANDRO AMENDOLA, RAFFAELLA DE VITA E MANUELA LORENZO

Esecuzione integrale delle Sonate e Fantasie per pianoforte e pianoforte a quattro mani di Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)

Venerdì 30 settembre 2022 – Chiesa di San Giorgio – ore 19.30

ALESSANDRO AMENDOLA, pianoforte

RAFFAELLA DE VITA E MANUELA LORENZO, duo pianistico

 Wolfgang Amadeus Mozart –  Fantasia e fuga in do maggiore, K394; Sonata n. 7 in do maggiore, K309; Sonata in re maggiore per pianoforte a 4 mani, K381; Sonata in fa maggiore per pianoforte a 4 mani, K497


Alessandro Amendola nato nel 2000 ad Eboli ha conseguito la laurea di primo livello in pianoforte con il massimo dei voti, lode e menzione speciale sotto la guida del Mº Giuseppe Squitieri. Attualmente prosegue gli studi al conservatorio di Salerno per il conseguimento della specialistica in pianoforte solistico e frequenta un corso di perfezionamento presso la Scuola di Musica di Fiesole col Mº Andrea Lucchesini.  Si è aggiudicato i primi posti in numerosi concorsi pianistici ed ha seguito in Conservatorio le Masterclass con Andrea Lucchesini e Mats Widlund, ricevendo apprezzamenti per le straordinarie qualità evidenziate. È presente in tutte le manifestazioni del conservatorio e svolge una notevole attività concertistica


Raffaella De Vita, inizia lo studio del pianoforte con il M° Francesco Micieli. Successivamente si iscrive al Conservatorio Martucci di Salerno conseguendo il Diploma Accademico di I livello sotto la guida del M° Demetrio Massimo Trotta. Attualmente nella stessa classe frequenta il secondo anno del biennio di pianoforte ad indirizzo solistico.Fortemente appassionata alla musica operistica collabora spesso con cantanti in diversi festivals.Nel 2017 costituisce il duo quattromani con la pianista Manuela Lorenzo con un concerto su “L’arte della trascrizione”.

Manuela Lorenzo, inizia gli studi del pianoforte privatamente e prosegue il suo percorso di formazione accademica sotto la guida del M° Demetrio Massimo Trotta. Consegue il Diploma vecchio ordinamento di Pianoforte presso il Conservatorio di musica “G.Martucci” di Salerno. Attualmente frequenta il secondo anno del biennio specialistico di “Musica d’insieme – indirizzo pianoforte” presso il medesimo Conservatorio nella classe del M° Fulvio Artiano.
Collabora regolarmente con formazioni cameristiche e a quattro mani con la pianista Raffaella De Vita con la quale ha esordito in duo nel 2017 presso il Teatro Ferrari di Sapri in un concerto sul tema “L’Arte della trascrizione”.


PROGETTO MOZART, SALERNO – FEDERICO CIRILLO, WILLIAM PIO CRISTIANO

Esecuzione integrale delle Sonate e Fantasie per pianoforte e pianoforte a quattro mani di Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)

Venerdì 30 settembre 2022 – Chiesa di San Giorgio – ore 18.00

FEDERICO CIRILLO, pianoforte

WILLIAM PIO CRISTIANO, pianoforte

Wolfgang Amadeus Mozart  – Sonata n. 4 in mi bemolle maggiore, K282; Sonata n. 16 in do maggiore, K545; Sonata n. 3 in si bemolle maggiore, K281; Fantasia in re minore, K397; Sonata n. 11 in la maggiore, K331

William Pio Cristiano, Classe 2003, frequenta il terzo anno del Corso di Triennio Superiore di Pianoforte presso il Conservatorio G.Martucci di Salerno, nella classe di pianoforte del maestro Giuseppe Squitieri, e, contemporaneamente, è iscritto all’ultimo anno del Liceo Classico R.Caccioppoli di Scafati. Rivelatosi come talento precoce, frequenta le sale da concerto fin dall’età di 9 anni. Ha ricevuto numerosi premi in concorsi pianistici: primo assoluto ai concorsi “Leopoldo Mugnone-Città di Caserta-Belvedere di San Leucio” (2013), “Don Enrico Smaldone” (2014-2015-2017), Carlo Agresti (2017), Sant’Antida di Caserta (2016), “Giovani Promesse” di Bracigliano (2018), Jacopo Napoli (2014-2015), Concorso Music World di Scafati (2018), ecc. Nonostante la giovane età, possiede un vasto repertorio, eseguito in numerosi concerti tenuti per conto del Conservatorio, e in molte sale, quali: l’Archivio di Stato di Salerno (2018), l’Auditorium Aldo Ciccolini di Napoli (2017), il Palazzo Zevallos di Napoli (2019) e il Circolo Canottieri di Salerno (2015-2016-2017).


Federico Cirillo inizia giovanissimo gli studi musicali, conseguendo poi nel 2020 il Diploma superiore al Liceo musicale “Parmenide” di Vallo della Lucania con 100 e Lode, e proseguendo gli stessi, successivamente, al Conservatorio “Giuseppe Martucci” di Salerno sotto la guida del Maestro Demetrio Massimo Trotta.

Nelle sue esecuzioni traspare sempre una raffinata ricerca interpretativa destando ovunque particolare attenzione nell’ascoltatore.

Risultato vincitore di diversi primi premi in concorsi pianistici Nazionali ed Internazionali, collabora costantemente con varie formazioni di musica da camera.

Attualmente studia per conseguire il diploma accademico di I livello in pianoforte.