Associazione Alessandro Scarlatti
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Concerto 18 aprile

ENSEMBLE BAROCCO DI NAPOLI

TOMMASO ROSSI, flauto dolce e traversiere                                

LAURA PONTECORVO, flauto traversiere

Black Telemann

 

Georg Philipp Telemann –  Ouverture, Suite twv 55:e1 per 2 flauti traversieri, archi e basso continuo    

Pasquale Corrado – Black Telemann per flauto dolce, flauto traversiere, archi e basso continuo               

Georg Philipp Telemann – Concerto twv 54:d1 per violino e violoncello obbligati, 2 flauti traversieri, archi e basso continuo 

Georg Philipp Telemann – Concerto twv 52:e1 per flauto dolce, flauto traversiere, archi e basso continuo        

 

Note di sala

di *Tommaso Rossi

 

Georg Philipp Telemann annotava nella sua autobiografia alcune riflessioni sulla Musique de Table, l’opera che lui stesso – da intelligente imprenditore quale era – aveva pubblicato a sue spese nel 1733 ad Amburgo, lanciando una sottoscrizione europea cui avevano partecipato, tra gli altri, compositori quali Pisendel, Quantz e Händel, così dichiarando: «Spero che un giorno quest’opera mi arrecherà gran fama».  In effetti si tratta di un vero capolavoro della musica strumentale del Settecento. Articolata in tre diverse productions (alla francese) – ciascuna contenente una Ouverture a 7 parti, un quartetto, 1 Concerto a 7, 1 Trio, 1 Solo – la “Musica da tavola” va molto oltre la sua apparente destinazione d’uso, ovvero essere probabilmente il raffinato sfondo di manifestazioni ufficiali della ricca borghesia o aristocrazia europea del Settecento. Si tratta di un lavoro di grande complessità, che segue un preciso disegno compositivo e “mette in scena” molteplici combinazioni timbriche, trovando una sintesi assoluta tra i diversi generi della musica strumentale del tempo (suite, concerto, sonata),  diventando quasi un manifesto ideologico di quello “stile misto”, ovvero la riuscita combinazione di stile italiano, francese e tedesco, che è la sintesi dell’opera di Telemann. L’ Ouverture in mi minore TWV 55:e1, che eseguiremo stasera, appartiene alla prima delle tre serie della Musique de Table. Si compone di 7 diversi movimenti (il numero 7 ritorna dunque sia nella macro-divisione dell’intera raccolta che nella scansione dei movimenti della prima suite) e si caratterizza nello stile della suite alla francese miscelata con il concerto all’italiana, laddove i due solisti dialoganti sono due flauti traversi. Il flauto, considerato, insieme con l’oboe – secondo la nota definizione del grande compositore Mattheson – «lo strumento più vicino alla voce umana», era di fatto di gran voga all’inizio del Settecento, e, suonato molto bene dallo stesso Telemann, era diffusissimo nella società tedesca ed europea del tempo, anche come passatempo di sovrani e aristocratici (basti pensare al fatto che Federico II di Prussia, allievo di Quantz, fosse un virtuoso di flauto traverso e Leopoldo I d’Austria, invece, un raffinato esecutore di flauto dolce). L’opera presenta una Ouverture nello stile francese con la nobile ed espressiva prima parte in tempo binario lento e una saettante seconda parte caratterizzata da un allegro concertante, in cui i flauti emergono come solisti in dialogo con i violini.   Segue il trascinante ritmo ternario della Rèjouissance (forma che sarà utilizzata anche da Bach nell’ultimo movimento della Quarta Ouverture BWV 1069) nella quale, dopo il ritornello del tutti, si assiste al gioco di un serrato dialogo a mó di sfida fra i due flauti e i violini; è poi la volta di un severo Rondeau e di una moderata ma marziale Loure, dal tipico andamento in 6/4; si ritorna ai vivaci passi di danza con l’intrigante Passepied seguito da una saltellante e graziosa Air; il finale è affidato alla Gigue brillante e scherzosa. Il concerto prosegue con Black Telemann (commissione della rete R.E.A.CO, e in particolare dell’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli, dell’Accademia Filarmonica di Messina, di A.M.A Calabria di Lamezia Terme, dell’Associazione Siciliana Amici della Musica di Palermo e dell’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma), il brano che Pasquale Corrado ha dedicato all’Ensemble Barocco di Napoli, proprio in occasione di questo concerto: si tratta di una riflessione sull’attualità del messaggio di Telemann e sul suo collocarsi nella nostra modernità ancora come generatore di nuovi possibili scenari musicali. In fondo, specie in Italia, Telemann è compositore ancora largamente sottovalutato, travolto dal confronto con il coevo e amico Johann Sebastian Bach, ma anche dal fatto che la sua musica, spesso ironica, disincantata, elegante non abbia acceso le passioni dei grandi compositori romantici, come Schumann o Mendelssohn, che, proprio di Bach, hanno teso a costruire il mito postumo. In Black Telemann (2024), Pasquale Corrado esplora le possibili metamorfosi di un frammento del concerto in mi minore per flauto dolce, flauto traversiere , archi e basso continuo di Telemann (che  verrà eseguito questa sera come ultimo pezzo), ri-giocandolo in un rincorrersi materico di gesti musicali anche in contrasto tra di loro, dove al tradizionale impianto del concerto barocco, chiaramente imperniato sulla razionale interazione tra soli e tutti, si sostituisce un meccanismo che via via “esplodendo” in maniera quasi incontrollata, dove i rapporti tra gli strumenti mutano in continuazione. Se i due flauti (dolce e traversiere) continuano a generare un serrato quanto teatrale dialogo, è il concetto di orchestra che muta radicalmente rispetto all’originale impianto barocco. Il manifestarsi delle singole personalità delle voci degli strumenti – anche in contrasto tra di loro – produce un meccanismo fluttuante e in continua modificazione, condotto soprattutto attraverso l’esasperazione dei parametri timbrici, ritmici e dinamici.  Secondo il compositore: «Black Telemann è la descrizione dell’istante instabile in cui tutto è possibile e da cui genera l’interruzione di un nuovo inizio; un brano costruito sulla casualità della follia. Una frazione che dà origine all’energia; una singola cellula (o singole cellule armonico/ritmiche mutuate dal concerto di Telemann) da cui scaturisce pura luce che si propaga in miriadi di direzioni, mutevoli, instabili, casuali (ma, forse, solo all’apparenza)».

La seconda parte si apre con il Concerto in re maggiore TWV 54:d1 per violino e violoncello obbligati, 2 flauti traversieri, archi e basso continuo, definito dal musicologo Steven Zohn, autore di una fondamentale recente monografia sulla musica strumentale di Telemann (Music for a Mixed Taste, Oxford University Press, 2008) «forse l’ultimo tra i concerti di Telemann ad essere pervenuto fino a noi» e si può considerare quasi una piccola sintesi «delle caratteristiche che definivano lo stile da concerto di Telemann durante la sua carriera», ovvero «un approccio innovativo alla composizione e alla forma, lo stretto dialogo tra più solisti (e tra i solisti e il tutti)», spesso con una scrittura virtuosistica di grande difficoltà. In questo brano, scritto probabilmente tra il 1735 e il 1737, e giuntoci in una copia manoscritta stesa dalla mano del compositore Cristoph Graupner, l’alternanza di movimenti nello stile italiano (Allegro, Vivace) con danze tipiche di una Suite strumentale, quali la Siciliana e la Gavotta, è il primo indizio della mescolanza degli stili di cui abbiamo già accennato. Ma ciò che sorprende è lo stile già “galante” delle figurazioni sincopate e delle graziose ornamentazioni (acciaccature, gruppetti) che permea tutto il primo movimento nonché la grande fantasia nella combinazione delle parti solistiche, che, a un certo punto del movimento, nella chiusura finale, dialogano serratamente quasi come se stessero animatamente discutendo. Alla patetica e molto teatrale Siciliana in modo minore posta come secondo movimento, segue un Allegro in tempo ternario in cui tutti i solisti possono mostrare le loro doti tecniche, soprattutto gli archi (violino e violoncello) cimentandosi in articolati “soli” che sfruttano appieno tutta l’estensione dello strumento verso l’alto. La Gavotta finale è caratterizzata dall’alternanza di variazioni su un semplice quanto trascinante tema iniziale.  Il concerto in mi minore per flauto dolce, traversiere archi e basso continuo TWV 52: e1 è una delle pochissime composizioni mai scritte nelle quali si confrontano non due flauti uguali (due flauti dolci come nel Quarto brandeburghese di Bach o due flauti traversi, come nella Ouverture della Musique de Table, eseguita stasera) ma due flauti diversi, il flauto dolce o dritto e il traverso. Una scelta apparentemente curiosa, ma che risponde alla innata curiosità di Telemann per esplorare combinazioni timbriche assolutamente originali e al suo sperimentalismo compositivo. Lo stile di quest’opera di trascinante bellezza è quello del Concerto italiano. Un elegiaco primo movimento in tempo Largo, in cui i due solisti emergono da subito in una scrittura per terze parallele sostenuta dal discreto accompagnamento dell’orchestra, confluisce in un ritmico ed energico secondo tempo (Allegro) costruito in stile fugato dove il primo episodio (Soli) vede i due flauti dialogare serratamente, riprendendo la verve ritmica del “tutti” precedente. Il pastorale e idilliaco terzo movimento in tonalità maggiore rappresenta l’incantata pausa di riflessione prima di ascoltare il trascinante ultimo movimento in forma di Rondeau che ricorda una sfrenata danza dell’est europeo (rumena, ungherese o polacca, fate voi). Telemann era un fine conoscitore delle forme della musica popolare di quelle regioni e, sempre stimolato dalla sua inesauribile curiosità intellettuale, ne fece frequente uso nelle sue composizioni. Un musicista davvero europeo e, forse anche per questo, ancora oggi attualissimo.

 

 

*Questo testo non può essere riprodotto, con qualsiasi mezzo analogico o digitale, in modo diretto o indiretto, temporaneamente o permanentemente, in tutto o in parte, senza l’autorizzazione scritta da parte dell’autore o della Associazione Alessandro Scarlatti